La pubblicazione, I luoghi del sacro e i giorni degli uomini, (2009) edita dalla Fondazione Civiltà Bresciana, con la Comunità Montana di Valle Trompia, Comune di Bovezzo ed il contributo di Fondazione Cariplo e Credito Coperativo di Brescia, è andata ad indagare il territorio nella sua storia e nel suo sviluppo partendo dai segni del sacro e della religiosità bovezzese. Al di là di ogni possibile convinzione personale in materia, è innegabile un dato antropologico: il sacro ha costituito, soprattutto per il passato, un segno forte intorno a cui strutturare il territorio. Come ribadito dall’architetto professor Juan Carlo dall’Asta nel suo Mexico City: geografia tra archeologia e storiala credenza religiosa costituisce ciò che lui ha definito uno degli elementi costitutivi di quella “materia urbana indecomponibile” ovvero i punti intorno a cui si sono andati sviluppando centri abitati che non vogliano rimanere solamente degli aggregati di edifici fini a se stessi.
Analizzando quelle che nel Bresciano chiamiamo santelle e che sui manuali di storia dell’arte si definiscono edicole così come le chiese sul territorio di Bovezzo ci rendiamo conto di come la loro presenza nel tessuto abitativo non sia casuale. Spesso, soprattutto le santelle, come verificato nel caso di Bovezzo, sono realizzate in prossimità di confini comunali o in corrispondenza di incroci, assolvendo in tal modo a segno di confine o segnaletica stradale ante litteram.
Altre volte, come la Cappelletta dei morti, nel caso di Bovezzo, la santella ricorda i morti in occasione di pestilenze o guerre. Sempre a Bovezzo una serie di santelle e croci poste sul sentiero che porta sul sovrastante monte sant’Onofrio, sede per altro di un importante santuario con affreschi attribuiti in parte a Romanino, assolvevano a compiti che erano allo stesso tempo di segnaletica stradale per pastori, conducenti di muli e cacciatori. Esse servivano anche per la sacralizzazione di una montagna che culminava con una chiesa, meta di pellegrinaggi dove impetrare grazie alla comunità. Le santelle in particolare sono anche una splendida dimostrazione di quel concetto molto particolare che era la cosiddetta arte religiosa popolare. Essa cercava di rendere con la maggior precisione possibile, negli intenti dei committenti, santi venerati dalla popolazione. A noi i soggetti di queste rappresentazioni possono sembrare ingenui ma corrispondevano ad un gusto che mirava contemporaneamente alla semplificazione rispetto a modelli colti e di amplificazione per quel che riguarda gli effetti sul fedele che queste immagini avrebbe venerato. Lo studio dei santi presenti in chiese ed edicole bovezzesi ha anche permesso di sottolineare un passato agricolo e nel segno del dominio vescovile. Sant’Apollonio, patrono della parrocchia bovezzese, era un santo vescovo e simbolo della presenza della curia in paese nel Medioevo, presenza ribadita dalla dedicazione a sant’Onofrio del santuario sul monte omonimo. San Fermo, tra i più rappresentati a Bovezzo, era il patrono delle mandrie al pascolo e ci parla di un’epoca finita col dopoguerra in cui in paese una voce del reddito importante era, per l’appunto, l’allevamento di bovini, animali di cui il santo è protettore.