Canova sul lago d’Iseo: elogio dell’arte immortale
Viviamo ogni giorno nella cronaca ed è solo il senno del poi a farci dire che questo o quell’evento, questa o quella persona erano la storia con la S maiuscola.
La storia con la S maiuscola, a sua volta, quando si incontra con la vita di tutti i giorni, spesso lascia sparsi frammenti che a saperli ascoltare ci aprono mondi.
È il caso di un’opera del Canova a Lovere, nella chiesetta dell’accademia Tadini.
Un pomeriggio di fine estate decido di andare a Lovere per visitare l’accademia Tadini, uno di quei luoghi di cui per anni avevo, senza un motivo particolare, rinviato la visita.
Pomeriggio con quel cielo di Lombardia che è così bello quando è bello, come avrebbe detto il Manzoni, e il lago con quelle sue sfumature di verde che lo rendono unico, incastonato come uno smeraldo nelle prealpi lombarde.
Il lago di Iseo, detto tra parentesi, è, peraltro, ad alta densità artistica: poco distante da Lovere c’è Pisogne con Santa Maria della Neve e gli affreschi del Romanino, definiti giustamente la cappella Sistina delle Alpi.
L’accademia Tadini è stata fondata a partire dalle raccolte di Luigi Tadini, benestante cremasco di inizio Ottocento innamorato del lago Sebino.
Evidentemente Lovere deve aver avuto la calamita per le persone di cultura: più o meno in quegli anni vi risiedette lady Montagu Wortley, la nobildonna inglese che lanciò questo lago a livello europeo.
Accademia Tadini si diceva: capolavori della pittura e della scultura ma, per quel che mi riguarda, un piacere ulteriore, una piacevole scoperta.
In conclusione del giro delle gallerie c’è, infatti, la visita alla cappellina di palazzo. Ci si entra, in compagnia di un Raggio di sole, quasi per dovere d’ufficio e buona educazione verso la guida, preparata e gentile. Ed invece è qui che ti investe la grande storia che spesso parla per eventi minimi seppur, a volte, di estrema tragicità.
Luigi Tadini, infatti, aveva un unico figlio, Faustino, appassionato di arte e tra i primi estimatori del Canova, tra i primi, dice la guida, a scriverne.
Faustino muore nel crollo di un’ala del palazzo di Lovere, genitori distrutti che decidono di trasferirsi del tutto sul lago.
Canova invia al Tadini senior una stele monumentale con la piramide di fronte a cui piange una figura femminile, coi tratti della madre di Faustino.
É un dono per il giovanissimo amico, che, peraltro, lo scultore veneto, dopo non molto seguirà nella tomba. Canova chiede solo a Tadini che si apra una finestrella per illuminare con luce naturale, il monumento di Faustino.
Se ci pensiamo bene il monumento di Faustino Tadini è un’opera minore seppur di un grande artista, una di quelle che trovano spazio in appendice dei cataloghi, quando va bene.
Ma cosa lo rende speciale, almeno per me e per chi crede che l’importanza di molte cose stia, soprattutto, nel dettaglio?
L’amicizia tra un grande artista dell’epoca, una star vera e propria, con un giovanissimo ragazzo innamorato dell’arte.
Un legame così forte da produrre un’opera che potesse parlare di quel rapporto anche dopo, quando su entrambe i protagonisti sarebbero calate le tenebre dell’oblio.
Le opere d’arte rendono immortali: sì, aveva ragione il Foscolo e chi come lui la pensa così. Quante Beatrice sono vissute nel Medioevo e nel Rinascimento? Tante. Ma di quante ci ricordiamo? Due: la Beatrice di Dante e quella di Shakespeare in Molto rumore per nulla.
Il monumento di Antonio Canova per Faustino Tadini è così, ci parla di un’immortalità al piccolo passo, schiva, ricordata da chiesetta in un palazzo che affaccia su uno dei più romantici tra i nostri laghi.
Come sempre interessanti e piacevoli