Più di un quartiere, quasi un universo, dove miseria e nobiltà, la Brescia che è stata e quella che verrà si incontrano tutti i giorni: è il Carmine il protagonista di questo volume, curato da Francesca Bossini, il terzo scritto per il Collegio geometri della Provincia di Brescia e la Compagnia della stampa, in cui è stata affrontata la storia di una delle zone più antiche e popolari di Brescia. Il Carmine prende il nome dalla chiesa e convento dei Carmelitani, splendido esempio di tardo gotico – primo rinascimento lombardo. Questo quartiere è nato lungo i corsi dei torrenti Garza, Celato e Dragone intorno al Mille, promosso dal vicino convento benedettino di San Faustino che lo rese un polo artigianale risuonante di mulini e magli, fabbri e mastri pellettieri. Questi corsi d’acqua, ora coperti, hanno determinato il carattere particolare della stessa viabilità: uno degli assi principali, via San Faustino, segue ondivago il corso che era stato del Garza. Le acque, che tuttora scorrono nelle viscere del Carmine hanno anche connotato una matrice fluida di tutta questa parte della città. L’inizio dell’era industriale e la crisi della manodopera artigianale segnò l’inizio del degrado e l’inizio della nomea bohemienne della zona. In essa cominciarono ad arrivare dapprima gli emigranti del contado e delle valli, in misura maggiore peraltro che nel Medioevo, seguiti poi dagli immigrati meridionali nel Novecento e quindi da quelli extracomunitari in seguito. In questo senso il Carmine è stato sempre il laboratorio dove è nata la Brescia che doveva venire, con l’incontro tra culture differenti. Il Carmine ha vissuto e in certe misure vive di personaggi che lo popolano come in un romanzo pasoliniano a cielo aperto. Ad esempio a fine Ottocento fece scalpore la Malghesa, un’ostessa che come una novella Circe eliminava i suoi amori quando la fiamma della passione si spegneva. Animosi ma generosi i carmelitani, termine che a partire dall’Ottocento definì gli abitanti del quartiere, nella storia cittadina sono sempre stati i primi a ribellarsi e gli ultimi ad arrendersi, come durante il sacco francese del 1512 e le Dieci giornate del 1849. Briganti ma anche signori. Al Carmine, fin dal Medioevo, aveva trovato spazio la nobiltà rurale che, per concorrere con quella di più antico lignaggio, aveva costruito palazzi meravigliosi che si sono mescolati a dimore plebee. Il Carmine furono anche gli ordini religiosi, Carmelitani ma anche Gesuiti e Bendettini, che qui ebbero accademie e studi, soppressi dal dominio napoleonico ma tornati a vivere, nella loro idealità, con le sedi universitarie che hanno trovato spazio nei suggestivi monasteri del quartiere. Il Carmine è stato anche la presenza dell’esercito, dagli oltre marini veneti e gli stradioti albanesi della Serenissima ai reggimenti di cavalleria e artiglieria sabaudi. Una storia di ombre e luci, riscattata da un piano di risanamento che, sul modello di quello torinese per San Salvario, ha riportato al posto che meritava il quartiere anima verace della Leonessa d’Italia.