Questo saggio è tra i primi studi organici sull’uomo selvatico in Valtrompia ed in generale nelle Prealpi bresciane. Segue il saggio, sempre di Vittorio Nichilo, edito nel 2009 e scaricabile in questo sito. Sulle orme di Massimo Centini, tra i principali studiosi italiani in materia, Nichilo è andato ad indagare la presenza dell’uomo selvatico, una figura della tradizione, presente sulle Alpi e sui nostri Appennini. Nella vicina Valtellina e Sud Tirol è spesso rappresentato come un gigante villoso che ha insegnato ai montanari l’arte di produrre i formaggi, il miele e, in certi casi, la coltura dei campi. In provincia di Brescia non sono state individuate, fin ora, sue rappresentazioni antiche ma esso presenta tutte le caratteristiche dei suoi colleghi disseminati tra Alpi e Appennini. Va sottolineato che come uomo selvatico nella bassa Valtrompia, è rappresentato spesso sant’Onofrio, come si vede nella chiesa parrocchiale di San Marco a Cortine di Nave, a San Cesario, sempre a Nave e sul monte Palosso, che sovrasta Bovezzo. Il selvatico anche nel Bresciano è rispettato quando non temuto, pur essendo molto timido, proprio perché ha insegnato tecniche di allevamento e produzione di formaggi. E’ spesso fatto oggetto di scherzi feroci dai valligiani, proprio per questa sua ritrosia. Il selvatico, detto anche Pagà, in Valcamonica, nella provincia di Brescia sembra essere un ricordo di santi eremiti, servi pastori e banditi più che di culti pagani veri e propri. Nelle leggende lumezzanesi ha anche un nome: Giobeleo, probabile storpiatura del nome di Giobbe. Eremiti e figure simili al leggendario selvatico sono sopravvissuti fino ad epoche recenti, come Barabeo nei monti sopra Iseo o i cosiddetti Nani di Eto, una coppia di eccentrici personaggi che, negli anni Trenta del Novecento, popolava lo sperduto borgo triumplino.