Il capitano Segre e il soldato Turina: elogio della storia siamo noi/2
Bisogna impegnarsi dunque per scrivere, diffondere una storia onesta ma anche ricordarsi che la storia è il risultato di tante micro-storie. E qui arrivano le vicende del capitano Segre e del soldato Turrina.
Giacomo Segre, di religione ebraica, si trovò a comandare i primi colpi di cannone contro Roma. Perché? Perché è il suo compito direte voi. Anche. Ma Giacomo Segre fece quel che fece per ordini che arrivano dai superiori che a loro volta avevano cercato di risolvere un problema prodotto da una terza persona, il Papa, ovvero la scomunica per chi avesse colpito Roma per primo.
E il capitano Segre fu scelto dunque per un aspetto privato della sua vita: era di religione ebraica e quindi la scomunica gli avrebbe fatto un baffo. Ecco dunque come la breccia di porta Pia dipende dalla vita di una singola persona e da un aspetto di essa, in questo caso il credo religioso.
Poi la storia dimentica ma talvolta fa riemergere nomi e storie, come quella di Segre, siccome non è la devastante ruspa che si crede come scrisse Montale nella sua bellissima poesia La storia. Detto tra parentesi è un testo che vi consiglio di leggere, quasi un manuale per metodologia storica concentrato.
Altro nome che torna a riemergere è il soldato Carlo Turrina, unico bresciano caduto a Porta Pia. Quella mattina del 1870 non fu una passeggiata a Roma, giusto per scattarsi qualche foto con i lunghissimi tempi di esposizione dell’epoca. Ci furono 49 morti, sicuramente poco più di nulla per la statistica delle guerra ma 49 mondi spenti, 49 persone che non sarebbero più tornate a casa.
Carlo Turina era un contadino, nato nel 1844 sul lago di Garda e che abitava a Raffa di Puegnago. Dal 1865 fino alla morte trascorse la sua vita come Luca dei Malavoglia, combattendo le guerre di re Vittorio.
Grazie all’accurata ricerca di Maggi c’è anche del mistero nella vita di Turina, Turrina nella lapide al Gianicolo: un processo per diserzione nel 1867. Turina era stato però decorato nel 1866. E quindi? Molto probabilmente era scappato dal reggimento per unirsi a Garibaldi e marciare verso Roma qualche anno prima di quel 1870.
Del resto il biondo marinaio di Nizza, così Carducci chiamò Garibaldi, aveva un fascino magnetico sulle masse ai tempi.
Il destino però permea le nostre vite e Turina a Roma ci sarebbe arrivato nel 1870, facendo una morte non scontata: l’artiglieria in teoria era arretrata rispetto alle linee di combattimento ma non per l’ora fatale che pesa su ognuno di noi. Turina sarebbe morto, in realtà il tredici ottobre, per ferite in combattimento.
Segre e Turina, due nomi che lo scorrere del tempo ha fatto sbiadire e che la ricerca degli storici ha riportato di nuovo a galla fino alla prossima mareggiata.
Da tutto questo non ricaviamone tristezza perché tutto è sic transeunte ovvero tutto passa ma il dovere della memoria verso persone e cose, anche delle nostre vicende familiari, che vivranno finché noi le ricorderemo. Perché, come ricordava De Gregori, la Storia siamo noi.